Franco Milanesi
Da circa un decennio il dibattito mediatico-politico italiano ha fatto un uso compulsivo dei concetti di populismo e sovranismo, interpretati per lo più come correnti di pensiero e progetti strategici in collisione con la democrazia liberale e le sue sorti progressive. Il populismo ha una lunga e complessa tradizione e il fenomeno è stato pertanto oggetto di numerosi testi politologici in Italia e all’estero. Molti di questi lavori muovono dalla constatazione dello sfondamento semantico di una parola strillata come epiteto contro Berlusconi e Chávez, Renzi e Le Pen, Grillo e Iglesias. In un agile e incisivo libro dal titolo Sovranità (Il Mulino, 2019) Carlo Galli liquida questo attacco a testa bassa contro il populismo come un’“espressione di polemica, di disprezzo e di incomprensione” verso i motivi della ribellione e dell’indifferenza popolare nei confronti delle istituzioni e delle classi di governo. Ma il libro di Galli, come annuncia il titolo, ha il merito di mettere a fuoco anche il “sovranismo”, concetto che, al contrario del populismo, non pare godere di particolare interesse soprattutto fuori dai confini nazionali. Il motivo principale è dato dal fatto che dagli studiosi esso viene correttamente considerato come una semplice declinazione della sovranità, come l’agire politico che si muove in vista di una sua richiesta o del suo consolidamento. Lo stesso Galli fa comparire il termine sovranismo (ridotto a un cascame della polemica contingente) solo nelle ultime pagine di un libro che si concentra interamente sulla sovranità e sul suo essenziale rapporto con il politico. Per Galli sovranità è innanzitutto un “termine esistenziale”: essa manifesta la volontà di un popolo – quale esso sia – di voler esistere, di darsi un quadro normativo (Costituzione, leggi ordinarie, codici) e di decidere sopra la propria sorte e la propria identità all’interno dei confini geografici definiti.
Leggi tutto “Dobbiamo rinunciare alla sovranità?”