Workers and Capital by Mario Tronti – A Review

Luhuna Carvalho

Cinquant’anni dopo la sua prima pubblicazione, è finalmente uscita la traduzione inglese di Operai e capitale, un classico del marxismo di enorme influenza, il bildungsroman del ’68 italiano, così colmando una rilevante lacuna nell’ambito della teoria politica contemporanea e altresì offrendo un cruciale contributo al dibattito riguardante i movimenti sociali degli anni ’60 e la “New Left”.

Operai e capitale (1967) contiene una serie di articoli, incisivi e fortemente polemici, del filosofo Mario Tronti, originariamente pubblicati nei primi ’60 all’interno di riviste marxiste curate da un gruppo di ricercatori e militanti in rottura con il Partito Comunista Italiano (PCI), a quei tempi il più importante partito comunista d’Europa. Nei decenni successivi, il libro di Tronti avrebbe acquisito uno status quasi mitico, influenzando movimenti in tutta Europa e preparando il terreno per gli odierni dibattiti sulla riproduzione sociale e il futuro del capitalismo.

Sostenere che le lotte operaie si sviluppassero al di fuori della rappresentanza dei sindacati e del partito, metteva fuori gioco lo stesso partito. Tronti e altri con lui elaborarono un quadro teorico che consentisse di cogliere ciò che stava dietro al rifiuto spontaneo espresso dagli operai sia verso la fabbrica che nei confronti della rappresentanza politica. Il termine operaismo si riferiva alla classe operaia industriale che sostenne il “miracolo economico” italiano del periodo postbellico e voleva descrivere il modo in cui lo sviluppo capitalistico avrebbe poi inglobato ogni aspetto della vita e della società; una questione abbondantemente diffusa negli anni sessanta, rispetto alla quale Tronti aggiunse però un colpo di scena: la resistenza operaia veniva prima del capitale. La resistenza operaia allo sfruttamento doveva considerarsi la forza trainante per lo sviluppo sociale e tecnologico del capitalismo, in quanto costringeva i padroni ad utilizzare nuove macchine e nuove forme di organizzazione sul luogo di lavoro.

Questa ‘rivoluzione copernicana’ costituiva inoltre il fondamento dell’interpretazione trontiana della classe operaia. La classe non era vista come una categoria sociologica, un’identità culturale o un’unità politica – non era popolo – ma piuttosto come una forza “parziale” e partigiana emersa all’interno del conflitto nei moderni rapporti di produzione. Quando la classe non lotta, essa diventa forza-lavoro, ovvero un mero strumento utile soltanto alla riproduzione del capitalismo. Ciò conduce a questo assunto che riassume l’opera teorica di Tronti: l’azione politica è sempre un’azione parziale, che non può tenere in considerazione gli interessi generali della società, ormai interamente subordinata al dominio capitalista, ma che deve esprimere soltanto lo specifico interesse della classe. Durante il successivo decennio, l’operaismo assunse le forme dell’Autonomia, una coalizione informale e radicale di lavoratori, studenti e comitati di quartiere. Mentre Tronti fu presto disilluso dalla possibilità di costruire un nuovo partito comunista, il filosofo italiano Toni Negri contribuì a sviluppare i temi dell’operaismo, divenendo una delle principali figure del pensiero della sinistra contemporanea.

Alla fine degli anni ’60, Tronti ritornò nel PCI, quando il partito si stava già allontanando dall’influenza sovietica, assumendo successivamente la carica di Senatore della Repubblica, ancora sino ai nostri giorni. A differenza dei suoi vecchi compagni, Tronti ritenne che la riorganizzazione e decentralizzazione del lavoro industriale precludeva alla classe operaia la possibilità di assumere un ruolo pienamente rivoluzionario, e che la solo opzione rimasta consisteva nel tentativo di fare della funzione statale un argine al trionfo del capitale.

Operai e capitale è rimasto sino ad ora largamente sconosciuto nel mondo anglosassone, anche se alcuni articoli di Tronti contenuti nel libro sono stati in passato tradotti. Il suo lascito teorico è stato spesso ridotto a mero sfondo rispetto alla tetralogia di Impero di Negri, nonostante la prospettiva delle due opere resti sostanzialmente differente.

L’edizione di Verso, a lungo attesa, è tuttavia viziata da una traduzione frettolosa e discutibile che interpreta erroneamente alcuni assunti di Tronti, sino a cambiarne talvolta completamente il senso. La traduzione di Operai e capitale costituisce notoriamente un compito complesso, in gran parte dovuto all’evidente carisma letterario della versione originale, ma altresì per la difficoltà nel reperire nella lingua inglese un equivalente alla distinzione tra operai (‘industrial workers’) e lavoratori (‘workers’). La distinzione trontiana è soppressa nel momento in cui entrambi vengono tradotti col termine ‘working class’. La traduzione presenta altri significativi problemi. Per esempio, Tronti, replicando a coloro che mettevano in dubbio che lo sviluppo non sia altro che sviluppo del capitale, formulava la seguente domanda “chi vi dice che ci sta a cuore la civiltà dell’uomo?”. Ebbene, la frase è stata invece tradotta in questo modo: “whoever said that capitalists care for the civilization of men?”, in evidente contrasto con la radicale tesi del testo originario. Analogamente, il traduttore ha fatto una dubbia scelta nel tradurre al femminile ogni pronome in terza persona maschile. Le donne sono semplicemente in larga parte assenti nelle fabbriche descritte in Operai e capitale e comunque l’operaismo di Tronti, giusto o sbagliato che sia, non fa alcun riferimento alle questioni di genere. Una critica forte e influente della politica di genere dell’operaismo, pur confermando le sue tesi di fondo, venne semmai in seguito elaborata da Mariarosa Dalla Costa, Carla Lonzi e Silvia Federici, preparando il campo per le attuali teorie sulla riproduzione sociale.

Nonostante ciò, Operai e capitale resta un documento essenziale per coloro che sono interessati non soltanto alle vicende del marxismo del secondo dopoguerra, ma anche ai conflitti autonomi esplosi globalmente nell’ultimo decennio. Quanto della trontiana ‘rude e pagana’ classe operaia sia sopravvissuto alla deindustrializzazione resta un tema attuale, così come la sistematizzazione dei rapporti tra antagonismo e moderni rapporti sociali capitalistici rimane uno strumento cruciale per interpretare la politica contemporanea. Basti soltanto pensare all’appropriata definizione formulata da Franco ‘Bifo’ Berardi dell’Alt-right come l’ala destra dell’operaismo per convincersi del fatto che l’impianto politico trontiano sopravviva al declino della classe operaia occidentale.

(Traduzione di Andrea Cerutti)